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INTERVISTA Film con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggio
  Stampa questa scheda Data della recensione: 29 ottobre 1987
 
di Federico Fellini, con Federico Fellini, Sergio Rubini, Marcello Mastroianni, Anita Ekberg, Lara Wendel (Italia, 1987)
 
Ogni film di Fellini è, prima di ogni altra cosa, un autoritratto. Se GINGER E FRED poteva tradursi in " Io e la TV ", INTERVISTA diventa " Io e Cinecittà", che è poi come dire io ed il cinema. Ma poiché oggi è diventato impossibile parlare di una di quelle due cose senza citare l'altra, inutile dirvi che anche la televisione gravita in questo omaggio al cinema dei bei tempi. Non solo: ma uno dei motivi d'interesse di INTERVISTA sta proprio nella molteplicità dei suoi punti di vista. Nel fatto che in questa specie di mosaico, tipico dell'autore, si stenta a capire chi stia filmando chi. Dall'intervista fatta al regista da una rete televisiva giapponese (da cui il titolo- pretesto), all'amarcord di dovere (Fellini, giovane giornalista, che prende il trenino per Cinecittà allo scopo d'intervistare una diva degli anni 4O) al film sul film girato negli studi, senza dimenticare la scampagnata in casa di Anita Ekberg, INTERVISTA vive su diversi tempi cinematografici. Che rappresentano altrettanti momenti di storia del cinema, e quindi motivi di riflessione. Fellini, occorre dirlo, giostra con abilità diabolica in queste diverse dimensioni: ed il film, via via, imbocca le strade piu' dissimili, dal burlesco al realistico, dal documentarista al fantascientifico. Tutto cio' è, quasi fatalmente, geniale. E, altrettanto prevedibilmente, déjà vu: gli elefanti di cartone e le comparse vocianti in romanesco, il trenino blu col suo carico di sogni e le gru che paiono fantasmi affioranti dai fumogeni. Un'ora e tre quarti che potrebbero prolungarsi per il doppio, o un'intera giornata, brillanti o risapute a seconda dei punti di vista. Ma forse i film, quelli veri, con tutto cio' di macchinoso che si trascinano appresso, non vanno giudicati a quel modo: ma per come, magari per un istante, si liberano del tutto per fare della poesia. Ed ecco allora, inattesa, la grazia malinconica (ma anche soffusa della magia del colpo magistrale di bacchetta) dell'incontro fra Marcello ed Anita, sullo sfondo delle immagini mitiche della DOLCE VITA.

E' un finale indimenticabile: mentre scoppia il temporale apocalittico (tipico dell'iconografia felliniana) la troupe televisiva va a rifugiarsi sotto delle tende di plastica improvvisate. D'improvviso, dalle colline attorno, attaccano gli indiani. Sotto le piume colorate s'indovinano le comparse romanaccie: ed al posto delle lance, sono armate di antenne televisive. Un'intuizione di quelle grandi, di quelle che fondono la poesia alla riflessione, la satira alla presa di coscienza: di quella settima arte che prestidigitatori come Fellini cercano di non farne l'ultima.


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